Gli Ultimi cacciatori

 

Regione dei monti Altai, in questo angolo remoto della Mongolia, a confine con Russia e Cina, tra  territori impervi  è difficilmente raggiungibili è  rimasta intatta  la tradizione della caccia con le aquile.  Tradizione  di caccia millenaria che viene praticata ancora oggi dai burkitshi, fieri depositati di questa arte che viene tramandata di padre in figlio. Le aquile, che vengono addestrate fin da piccole dopo essere state sottratte dai loro nidi, sono scelte tra gli esemplari femmina per via delle maggiori dimensioni e per la loro indole più aggressiva che le rende migliori per la caccia rispetto agli esemplari maschi. In questa lunga fase di preparazione esse diventano un membro della famiglia trasformando le loro abitudini e abituandosi a vivere con l’uomo e condividendo con lui spazi e usi; tra loro e il cacciatore si instaura quindi un legame forte con un rapporto quasi simbiotico grazie al quale questo imponente volatile (gli esemplari adulti pesano circa 12 kg) si lascia condurre senza ribellione. Tra uomo e animale esiste un patto di caccia e le prede catturate vengono divise e dopo nove-dieci anni di caccia insieme le strade si dividono e i rapaci sono lasciati tornare alla vita selvaggia.

ci sono solo le aquile; non esiste caccia senza un buon cavallo. I cavalli mongoli, piccoli, forti e instancabili sono stati da sempre fieri compagni di viaggio, di caccia e di battaglia sin dai tempi di Gengis Kaan. Ogni cavaliere mongolo confidava nel suo cavallo per raggiungere il cielo dopo una morte eroica. Anche in tempi meno bellicosi questo legame è rimasto inalterato nell’anima mongola e il detto popolare “un mongolo senza cavallo e come un uccello senza ali” rende chiara la forza e il significato di questa simbiosi. Nel mese di settembre i cacciatori abbandonano le loro Gher e il loro bestiame per radunarsi vicino alla città di Bayan Ulgii, vera e propria città di frontiera, dando vita al “festival delle Aquile” dove si esibiscono mostrando le loro doti di cacciatori e addestratori di aquile e cimentandosi in giochi di equitazione.

Tra questi il più spettacolare è il buzkashi (detto anche kokpar) è un “gioco” di antica tradizione mongola di che in altre nazioni dell’Asia centrale è un vero e proprio sport nazionale (Kazakistan, Afghanistan). Letteralmente significa “acchiappa la capra” dove appunto, una carcassa di capra senza testa, viene contesa tra due cavalieri. Nella contesa è concesso più o meno tutto , l’importane è sottrarre la preda all’avversario.